La neve è ammassata oltre la linea di fondo, ai piedi della scarpata che sta sotto l’Eliporto. Nel pieno dell’Antropocene, nei giorni in cui l’uomo fabbrica neve e la spara addosso alle montagne per permettersi il capriccio di sciare, quei cumuli spalati al di là del prato verde dicono qualcosa di eterno e primitivo. Parlano di un uomo che si rassegna agli elementi, e semmai ritaglia spazi asciutti per coltivare, ripararsi, giocare a calcio. Spazi umili e transitori nello scorrere eterno della natura, che è regina. Che è stata prima di noi, che sarà dopo di noi. Per sempre.

Alla Ganda arriva il Costamasnaga, l’anno scorso in Promozione e quest’anno a metà classifica. All’andata finì 2-2, a casa loro, una di quelle tre partite in cui buttammo nel cesso il doppio vantaggio. Noi giochiamo col 4-3-3: Lele in porta, dietro Alessio-Matte-King-Roby, a metà Claudio-Samuele-Mare, davanti Nick con Cesco e Python sulle ali. Loro giocano con quattro dietro, il metodista davanti alla difesa affiancato da due interni, un trequartista e due punte: a tratti il centrocampo sembra un rombo, ma sono tutti molto mobili e chiuderli in un modulo preciso non si può. La prima mezz’ora è equilibrata: loro giocano di più, la passano di più, la passano ragionando, ma noi rischiamo molto poco. Pungiamo anche molto poco, c’è da dire: l’unica occasione è un colpo di testa di King da calcio di punizione, parato agevolmente. C’è la sensazione che la partita si sbloccherà su calcio piazzato, e così succede. Poco dopo il trentesimo loro hanno una punizione ai 25 metri circa, la battono a due, la battono alta e potente sotto la traversa (l’incrocio?) sul palo del portiere: gol del vantaggio, l’impressione dalla tribuna è che Lele potesse farci poco. Il gol spinge loro avanti e noi indietro, e l’ultimo quarto d’ora del primo tempo è un calvario che per grazia di Dio non porta reti, e andiamo negli spogliatoi che siamo sotto solo 1-0.

Il prato verde è fatto d’erba artificiale, e i cumuli di neve han macchie vinaccia dell’intaso che simula la terra nel sintetico. Che rovina un po’ l’immagine di natura eterna, ma dice qualcosa di bello su di noi: abbiamo rimosso la prima neve senza attendere, fottendocene dei soldi che dovremo spendere per ripristinare l’intaso che se ne va. Se fossimo una squadra professionistica direbbero che investiamo nel settore giovanile e nelle strutture, che siamo un esempio di lungimiranza.

Il secondo tempo inizia con le speranze dei nuovi inizi, che però presto si fiaccano: non riusciamo ad essere pericolosi in alcun modo. Non solo perché giochiamo solo in verticale senza mai ragionare (facciamo così più o meno sempre), ma anche perché stiamo bassi e mansueti: sembriamo il tennista senza fiato che sta metri dietro la linea a respingere campanili mentre l’altro spara cannonate; e i tanti campanili li prendono sempre loro, perché Nick e Cesco sono piccoli e Python è sulla fascia; e anche le seconde palle le prendono sempre loro, perché se appena recuperi il pallone lanci lungo poi non puoi anche essere avanti a riprenderlo. Loro invece manovrano, ci spostano di qua e di là, manovrano con calma e poi affondano: sarà il trentesimo che uno spinge forte in fascia, resiste al corpo a corpo di Roby, entra in area, crossa secco sul primo palo e un altro segna. Due a zero, e praticamente finisce qui: non avevamo nervo prima, tanto meno ne abbiamo dopo. Loro controllano, danno l’idea di chi potrebbe dilagare ma non ne ha voglia. Non si fa male nessuno, non si fa espellere nessuno, l’arbitro fischia tre volte.

A un certo punto del secondo tempo inizia a nevicare. I fiocchi si appiccicano in testa facendosi acqua gelida che scende sui capelli, che penetra la cute e si diffonde in goccioline rotonde e glaciali sulla parete interna della scatola cranica. Goccioline che vanno lente a coagularsi sull’amigdala, gonfiandola. Il secondo gol del Costamasnaga strizza un’amigdala formato spugna lavapiatti impregnata di sgrassatore, che schizza mezzo cervello e va a raschiare l’area di Broca, e ne escono parole molto più corte e più volgari di lungimiranza. Abbiamo fatto una partitaccia, ma a pensarci bene meglio con questi che tra una settimana col Dubino, o tra due col Besana: anche facendo un partitone, avremmo potuto perdere. Verso fine partita la neve muta in pioggia, che non si dovrà spalare: almeno l’intaso rimanente è salvo. Quanto a noi, ne riparliamo tra due settimane.

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