Inter-Lazio il 5 maggio. L’ultima finale di Champions della Juve col Real. Se siete milanisti, ecco il quiz: ci dite una partita fondamentale, meglio se faceva anche un po’ caldo, una partita fondamentale in cui la vostra squadra si è liquefatta nel secondo tempo? Se la vostra squadra è il Grosio, ad oggi non ci sono dubbi: Dubino-Grosio quell’anno in Prima Categoria.

Arriviamo a Dubino con una brezza calda e l’aspettativa delle grandi occasioni. Loro sfoggiano una maglia grigio cenere e noi il 4-4-2: in porta Pota, dietro Alessio-Matte-King-Roby, a metà Pane-Claudio-Mare-Cesco, davanti Nick e Python. Il primo tempo assomiglia al primo tempo di Calolziocorte-Grosio, con più torpore: il campo è brutto, non si infilano tre passaggi, le squadre sono ansiose ma non ci si ammazza nei contrasti. È una partitaccia in cui non riusciamo ad attaccare nè ostacolare efficacemente gli avversari, che hanno una serie di occasioni rese innocue più dai loro errori che dai nostri meriti. Noi ci facciamo vedere a poco dalla fine con una combinazione che libera Pane davanti al portiere, ma il portiere esce ed intercetta e finisce lì.

Inizia la ripresa, e ci sciogliamo. Dopo un paio di minuti il Dubino va in vantaggio con quello che sarà descritto come “un gran tiro da oltre 30 metri di Daniele Copes”. Noi ci ricordiamo un gollonzo poco lontano dal limite dell’area, in cui per carità Daniele Copes fa il suo, ma il merito è molto più nostro: la palla arriva al limite che ci sono solo Copes e i nostri centrali, e i nostri centrali non riescono a liberare; e la palla resta lì, davanti al limite dell’area, e Copes va a calciarla con relativa tranquillità perché noi non la attacchiamo, e il “gran tiro” è una sorta di palombella debole che entra sotto la traversa perché Pota prende un abbaglio, letteralmente: forse è piazzato un po’ troppo avanti, poi indietreggia e si alza in tuffo volgendo lo sguardo al pallone, ma ha il sole negli occhi e non vede più nulla. Gol. Passa poco e raddoppiano: c’è un rilancio del portiere su cui lo stesso Daniele Copes del gran tiro da oltre 30 metri di poco fa è in fuorigioco di un bel po’, l’arbitro non se ne accorge, noi accompagniamo il bravo Copes senza ardire di contendergli il pallone, e Copes insacca il raddoppio con un gran tiro da oltre tre metri. La nostra reazione? Non c’è. Ogni tanto abbozziamo qualche protesta di rabbia, ma siamo come ottusi dal caldo e dalla sorpresa, ci muoviamo confusi e senza ordine. Chi scrive se ne va anzitempo per andare a San Siro a veder l’Inter, mentre il Grosio prende anche il terzo gol. Almeno non si è fatto male nessuno, vien da dire…ah no, Claudio è uscito infortunato. Tutto nero, nerissimo.

Le tre vittorie sfumate prendendo gol all’ultimo minuto, la sconfitta col Calolziocorte, la sconfitta col Dubino. La statistica è impietosa: nel momento in cui serve il carattere, quasi sempre ci sciogliamo. Che non è un fatto di impegno nè di voglia: come potrebbe essere, con ragazzi che sacrificano trenta domeniche e almeno altrettanti martedì e venerdì sera in un anno? Forse manca forza di volontà, o non proprio: forse è che non abbiamo un nucleo abbastanza numeroso di gente che stia abbastanza male quando perde da strapparsi fuori tutto quello che ha pur di non perdere. Che ci sta anche, il calcio a questo livello è un divertimento, mica la vita.

È che se continuiamo così retrocediamo.

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